Dama, Damigelle & stracci che volano (anni’80)
E’ capitato spesso, nella precarietà della rievocazione storica, che durante il periodo estivo scuole ed asili fossero utilizzati come sedi quintanare dove preparare corteo e giostra. Un via vai di gente intenta a riparar costumi, disegnare bandiere, accordare tamburi, lucidare scarpe e armature e, dietro la scrivania, chino sopra al foglio “uso protocollo”, l’addetto al reclutamento dei personaggi: penna in mano a cercare di riempire le caselle vuote. Comprensibile il riserbo sulla dama ma mancavano pure tutti i nomi delle damigelle. Alla richiesta del perché, l’addetto al reclutamento ti invitava a leggere il cartello appeso al muro dietro la sua sedia: “AVVISO ALLE ASPIRANTI DAMIGELLE. Domani pomeriggio, dalle ore 16,30, verranno scelte le partecipanti al corteo storico e, tra queste, anche la dama. Alle interessate si raccomanda la puntualità”.
Il gran giorno era arrivato. Sulla scalinata della scuola un gran vociare di ragazzine e mamme “accompagnatrici”: tutte in attesa della chiamata dell’addetto al reclutamento che, nel frattempo aveva chiesto loro e trascritto cognome e nome. Dall’ingresso della scuola, attraverso un corridoio, si arrivava alla porta che apriva su una grande sala: all’interno, simile alla passerella di una sfilata di moda, file di sedie ai lati di un percorso disegnato a terra con il nastro adesivo rosso, lo stesso che usavano gli sbandieratori per coprire il piombo sui manici delle loro bandiere. Dodici occupanti della prima fila (sei alla destra del percorso, sei a sinistra) erano armati di palette, come quelle dei vigili; cinque palette ad ognuno con i numeri da 1 a 5. Erano i giurati, quelli che avrebbero scelto con il loro giudizio, dopo la sfilata al centro della sala, le damigelle. Quella con il voto più alto avrebbe vinto il ruolo di dama. Che dire!
La democrazia entrava nella Quintana e si sostituiva al libero arbitrio di magazzinieri e addetti al corteo. Ma chi aveva scelto i dodici giurati? In base a quale criterio di competenza avevano avuto quella paletta esibita come scettro di potere?
Anche in quegli anni si svolgeva l’elezione di Miss Italia con la finale settembrina di Salsomaggiore. Ma già allora le selezioni si effettuavano su e giù per l’Italia, privilegiando d’estate le località balneari e turistiche. Qualche giorno prima Gianni, uno dei responsabili del sestiere, aveva assistito ad una selezione nella vicina San Benedetto e trovò naturale farne l’imitazione per la scelta delle damigelle. Lanciò l’idea, naturalmente accolta con entusiasmo dagli altri sestieranti: sbandieratori e tamburini pretesero posti in giuria ma pure armati e capitani vollero la loro parte di palette. Gianni lasciò per se il ruolo di “cavalier servente” accompagnatore di tutte le ragazze in quel percorso, tra avanti e indietro, di una ventina di metri scanditi…dalle battute di un tamburo. Sì…affinché avessero un portamento fiero le facevano sfilare a passo!
Età media dei giurati, tutti maschi, inferiore ai 25 anni e i loro canoni di bellezza non erano quelli emancipati e utili alla sfilata quintanara dove pettinatura, acconciatura, viso e decolté erano preminenti, anche più dell’altezza, sul resto coperto dalle ampie e lunghe vesti medievali. Loro erano concentrati dal collo in giù, dal seno alle natiche e alle gambe più o meno scoperte dalle minigonne estive: i loro commenti vocali non erano mai “bella!” ma quasi sempre “bbbona!” con tutte quelle “b” di troppo a sancire un giudizio inadeguato.
E iniziò quell’avanti indietro di ragazze che, una per volta e senza mamma al seguito, dovettero passare le “forche caudine” di quella giuria e degli spettatori chiassosi che commentavano ad alta voce
ogni alzata di paletta, accompagnandole da applausi o insulti variabili a seconda della propria approvazione.
Andarono avanti per parecchie ore tanto che al “cavalier servente” Gianni si era indolenzito il braccio troppo volte alzato per “portar” le aspiranti damigelle sul percorso. Al termine della sfilata il segretario, calcolatrice in mano, tirò la somma dei voti e stilò la classifica. Al primo posto una ventenne bionda e bellissima, scelta per fare la dama solo per combinazione: perché mamma e madre natura, oltre ad un seno prosperoso, un rotondo sedere e delle belle gambe lunghe, gli avevano donato anche un bel viso, occhi azzurri, zigomi alti e labbra carnose…tutti particolari che la giuria, … forse aveva trascurato.
Per le altre otto damigelle non fu così: il “bello” spesso non si vedeva mentre dal seno in su ci sarebbe voluta tutta la buona volontà di parrucchieri e acconciatori per renderle presentabili. La classifica fu esposta con un foglio di carta appeso fuori della porta: alcune gioirono, altre contarono le lacrime. Inferocite, le mamme delle escluse incominciavano ad inveire e insultare i responsabili del sestiere e, poichè nel quartiere tutti conoscono tutti, volarono gli stracci mentre i giurati, divertiti assistevano alla scena.
Il giorno del corteo storico la dama, applauditissima, prese posto tra una frotta di paggi in mezzo alla strada. Dietro di lei, su due file, le altre damigelle accompagnate dai cavalier serventi non ricevettero lo stesso consenso, anzi dal pubblico arrivò ad alta voce, il commento ironico, perfido e in dialetto ascolano: “Facetele sfelà a piè de n’zalata!” (*1). Nessuno rispose e nessun responsabile di sestiere ebbe il coraggio di confermare che erano state scelte proprio così.
*1/frase dialettale: fatele sfilare a mò di piedi (mazzo) di insalata.